sabato 28 febbraio 2009

Il training al cervello che non funziona

Potrebbe essere una perfetta scusa per dire ''Non sto giocando ad un vidogame, ma sto allenando il mio cervello''.
La domanda e': davvero il gioco del Dr Kawashima ed altri di questo genere, accrescono la memoria e l'apprendimento?
Gli esperti non hanno riscontrato un reale incremento di queste capacita' allenandosi con giochi quali Dr Kawashima della Nintendo e di altri prodotti simili.
''Se le persone credono che questo tipo di attivita' possa aiutare a mantenere il cervello in forma, e' necessario che si ricredano'' dice il Prof. Martin Hoking dell'Universita' di Victoria - UK-.
Un gruppo di esperti, infatti, e' stato arruolato per testare il gioco della Nintnedo in questione ed i suoi ''concorrenti'' Mindifit e Lumosity. I produttori dicono che questi giochi servono per consolidare la memoria e tenere efficienti le abilita' mentali che declinano nel corso della vita, mandenendo un cervello piu' in salute.
Il gruppo di esperti invece ha trovato che, esercitandosi con Dr Kawashima e simili, nessun reale impatto e' stato avvertito sulla loro vita. Mindfit non da maggiori benefici rispetto agli altri videogmaes e Lumosity di certo non mantiene il cervello piu' in forma.
Comunque, e' stato dimostrato da altre ricerce che il gioco del Dr Kawashima aiuta i bambini nelle capacita' di concentrazione e Lumosity mantene efficiente la memoria lungo il corso del tempo.

Fonte: Metro del 26 febbraio pag 22.

domenica 22 febbraio 2009

L'origine del cervello suicida

La frequenza dei suicidi in Italia e' stata in crescita dal 1965 al 1986, ed ad oggi e' piuttosto stabile. Il tasso di suicidi negli Stati Uniti, invece ha avuto un'impennata nell'ultimo decennio, come mostra un rapporto pubblicato in Ottobre dalla Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health. Resta da chiedersi, che tipo di persone si suicidano? Tre nuovi studi dimostrano che i cambiamenti nerurologici dei soggetti vittime di un suicidio differiscono notevolmente da quelli presenti in altri cervelli ed inoltre questi cambiamenti si sviluppano nel corso della vita.
La maggior parte dei casi di suicidio e' dovuta a depressione che affligge i due terzi degli individui vittime di questo comportamento. Uno studio effettuato in Canada ha mostrato come nel cervello dei depressi vi e' un abnorme distribuzione del recettore del GABA, uno dei piu' abbondandi neurotrasmettitori nel cervello. Il ruolo del GABA e' quello di inibire l'attivita' cerebrale. Una ricerca ha rivelato che questi recettori sono presenti in misura minore nella corteccia frontale di soggetti depressi che si sono suicidati rispetto a coloro che sono morti per altre cause. La corteccia frontale, infatti, e' coinvolta nelle alte attivita' di pensiero e nella presa di decisione. Gli scienziati non sanno ancora come questa abnormalita' sia influente sul tipo di maggiore depressione che porta al suicidio del paziente, ma sicuramente qualsiasi agente che disturba questo sistema determinerebbe questi risultati.
La cosa piu' sorprende e' che i disturbi legati al recettore GABA non sono il risultato di una mutazione genetica. Questo cambiamento e' epigenetico, e questo significa che e' dovuto all'effetto di fattori ambientali.
E' stato scoperto che nella corteccia frontale dei suicidi spesso si e' trovata una molecola chiamata Metyl group attaccata al gene del GABA-A. Quando il Metyl group e' attaccato ad un gene, questo impedisce che quel gene venga utlilizzato nella costruzione delle proteine, ed in questo caso impedisce che venga prodotto il recettore del GABA-A.
Si sa poco sulle cause della diffusione del Metyl group nel cervello, ma uno studio suggerisce che potrebbe essere dovuto ad abusi durante l'infanzia.
A maggio i ricercatori della McGill University hanno dimostrato come la maggiror presenza dei geni impegnati nella costituzione delle proteine e legati al Metyl group si trovavano nell'ippocampo (la regione del cervello coinvolta nella memoria a breve termine e nelle abilita' spaziali) dei suicidi a seguito di depressione che avevano subito abusi, piuttosto che nel cervello di coloro che non erano vittime di suicidi e che non avevano subito abusi.
Ancora una volta i ricercatori, pero', non sanno come le difficolta' di costituzione delle proteine porti alla depressione ed al suicidio.
Una ipotesi e' che, se si hanno limiti e difficolta' nella sintesi delle proteine nel cervello, si e' deprivati di connessioni sinaptiche critiche o connessioni con neuroni che potrebbero essere coinvolti negli stati emotivi positivi come l'allegria, la felicita', l'appagamento.
I ricercatori sostengono che gli eventi sociali nelle piu' tenere eta' della vita sono la causa di quei cambiamenti epigenetici del cervello. Analizzando infatti il cervello dei suicidi che avevano subito abusi e quelli che non avevano subito abusi, si e' potuto riscontrare un differente pattern di Metyl group presente.
Persino nell'utero materno le influenze epigenetiche cambiano i programmi di sviluppo del cervello incrementando poi il rischio di suicidi. A febbraio del 2008 uno studio ha dimostrato che i bambini nati sia bassi (corti) sia con meno peso, sono stati quelli che da aduti sono rimasti vittime di violenti suicidi rispetto ai bambini nati piu' lunghi e con giusto peso. In modo simile i bambini nati prematuri sono 4 volte piu' esposti al rischio suicidio rispetto a quelli nati entro i termini previsti.
Le ricerche pubblicate nel Journal of Epidemiology and Community Health dicono che la serotonina che e' coinvolta nello sviluppo e crescita del cervello del feto puo' giocare un ruolo fondamentale. Un ventre materno come ambiente stressante e deprivato puo' interferire con lo sviluppo del feto e con il suo sistema serotoninergico.
Inoltre, le ricerche hanno dimostrato che le persone che esibiscono ed adottano un comportamento suicida hanno una ridotta attivita' serotoninergica.
In fine, queste richerche mostrano che i cervelli dei suicidi differiscono molto dagli altri cervelli per varie ragioni.
''In altre parole''-dice Poulter ''siamo d'accordo sul fatto che il fenomeno e' duvuto ad una sorta di squilibrio biologico, non e' una questione di attitudine''.
Siccome, inoltre i cambiamenti epigenetici avvengono nelle primimissime fasi della vita dell'individuo, sara' un giorno possibile identificare giovani soggetti a rischio di suicidio analizzando il loro pattern di Metyl Group presenti e quindi curarli con farmaci che regolano questo meccanismo.

Fonti:
http://www.occhioclinico.it/occhio/2004/9/articolo.php?id=art_04 Introduzione
http://www.sciam.com/article.cfm?id=the-origins-of-suicidal-brains


mercoledì 18 febbraio 2009

Henry Gustav Molaison

Se fossimo in un romanzo, tutto comincerebbe con una strada assolata di una ridente cittadina degli Stati Uniti. Tra la quiete delle case silenziose, immerse nei piu' verdognoli giardini di primavera, in fondo alla strada vedremmo comparire come un fantasma, la sagoma amorfa di una bici. Un bambino grazioso, con il sorriso sulle labbra e le gocce di sudore a fare capolino sulla fronte, si avvicina piano strimpellando furiosamente il campanello sulla parte destra del manubrio. Eccolo. Sempre piu' vicino. Un dosso lungo la strada. Giu'. Scompare per un istante e poi nuovamente su. Ancora piu' vicino. Sempre piu' chiaro e definito.
Un furgoncino bianco si affaccia sulla sua stessa corsia. E' piu' veloce. Giu' anche lui. Su. Si sposta sulla corsia a fianco. L'autista lo affianca piano. Si conoscono. Un colpo di clacson e via: quella mattina c'e' molto latte da consegnare. Tornato sulla corsia precedente, passa anche davanti a noi, scompigliandoci i capelli e muovendo le cime degli alberi prima che la quiete maestosa torni di nuovo a regnare. Il piccolo seguendo la scia, pedala piu' forte, come in una gara ad armi impari dove il destino non ha bisogno di scegliere chi dovra' vincere la competizione mettendoci lo zampino. Il brusio della catena sulla ruota dentata e sempre piu' simile al sibilo dei tric tric di legno che usavamo da piccoli per far rumore giocando nel prato. Cresce in modo proporzionale, fino a raggiungere forte il nostro udito sensibile. Il bimbo con il viso rosso, le vene del collo ingrossate e la pelle tesa, con una serie di strimpellate isteriche col campanello ci supera ma non si gira verso di noi. Con il suo brusio imperterrito, man mano meno intenso, segue con gli occhi sbarrati il retro di quel furgoncino che assicura a catatteri arcobaleno ''Daily Fresh Milk''. All'orizzonte, in rapida successione, entrambi scompaiono per sempre.
Se fosse una storia a lieto fine, probabilmente quel bambino sarebbe libero e felice e forse noi non ne staremmo descrivendone la sua vicenda. Forse dalla sua ottica, questa storia, la sua storia, in un certo modo un lieto fine l'ha avuto.
Henry Gustav Molaison era conosciuto da tutti come H.M. Era nato il 29 febbraio del 1926. All'eta' di 9 anni pero', la sua vita, serena fino a quel momento, cambia in modo impovviso e per sempre. Aveva 9 anni, quando a seguito di una caduta dalla bici, conobbe un doloroso e sempre piu' invadente male oscuro: l'epilessia.
Gli attacchi epilettici divennero sempre piu' frequenti e intensi, ma il disturbo non poteva esssere trattato con i comuni farmaci esistenti a quel tempo. Fu cosi' che al paziente, H.M. venne proposta una terapia risolutiva che avrebbe risolto per sempre il suo problema.
Il dott. Skoville che l'aveva in cura, riusci' in modo esatto ad identificare il punto preciso del cervello del paziente da cui scaturivano le crisi e gli propose di sottoporsi ad un trattamento chirurgico sperimentale che prende il nome di ablazione.
Con questo intervento il dott. Skoville assistito dal suo team, asporto' dal cervello del paziente la parte del tessuto cerebrale che aveva identificato come causa diretta dell'origine del disturbo epilettico.
Era il 1953 ed H.M. aveva solo 27 anni.

Le zone del cervello rimosse furono i lobi temporali mediali di entrambi gli emisferi e compresero una serie di strutture tra cui l'ippocampo, l'amigdala, il giro ippocampale.


L'intervento riusci' perfettamente. Dopo l'operazione le crisi epilettiche si ridussero in modo drastico, ma non ci volle molto a capire quali disturbi collaterali furono stati provocati.
Furono proprio questi effetti che hanno reso Molaison ''famoso'' in tutto il mondo scientifico e non solo, tanto che, per proteggerlo, il suo nome non venne mai rivelato e fu appunto utilizzato l'acronimo H.M.
Il paziente presento' fin da subito una profonda amnesia anterograda.
L'amnesia anterograda e' l'incapacita' di apprendere e memorizzare materiale nuovo e si contrappone all'amnesia retrograda che riguarda il materiale appreso in sessioni precedenti e che non si riesce a rievocare coscientemente.
A seguito della rimozione di queste strutture la scienza a fatto passi da gigante scoprendo i processi di memoria e le aree cerebrali deputate all'immagazinamento e alla rievocazione delle informazione apprese.
Secondo il modello di Atkinson e Shiffrin infatti, dobbiamo vedere la nostra memoria come un insieme di strutture e funzioni organizzate in modo tale che ognuna di essa abbia un proprio specifico ruolo in questo processo, contrariamente alle teorie precedenti che vedevano la memoria come un sistema unico.
La memoria sensoriale e' quel particolare tipo di memoria che dura solo pochissimi secondi e mantiene molte delle caratteristiche dello stimolo. Memorizza inforamzioni sensoriali.
La memoria a breve termine ritiene l'informazione da pochi secondi a pochi minuti, un po' come se cercassimo di ricordare un numero di telefono e a ripeterlo nella mente fino a riuscire a comporlo sulla tastiera del telefono.
La memoria a lungo termine consente di ritenere l'informazione da alcuni minuti a tutta la vita. Questo e' il livello piu' profondo di memoria in cui l'informazione perde molti dei caratteri dello stimolo e viene immagazzinata come un ricordo a caratteristiche piu' sfumate. Il passaggio dell'informazione dalla MBT alla MLT avvine grazie alla ripetizione attraverso un processo di consolidamento. Se continuiamo a ripetere quel numero di telefono, per esempio, dopo una serie di ripetizioni siamo in grado di ricordarlo anche a distanza di qualche giorno.
Distinguiamo inoltre nella MLT, la memoria implicita e la memoria espilicita.
La memoria implicita contiene informazioni che di solito vengono rievocate senza l'ausilio della nostra coscienza. Viene chiamata anche memoria procedurale. Quando ci mettiamo al volante sappiamo benissimo cosa fare, senza sforzarci di ricordare le esatte seguenze per far muovere l'auto e guidare nel traffico urbano.
La memoria esplicita o memoria dichiarativa, invece, contiene tutte quelle informazioni che devono essere rievocate con uno sforzo attentivo. Fanno parte di questo insieme, la memoria semantica ed episodica.
La memoria episodica contiene ricordi di eventi passati. L'attentato alle Torri gemelle o la finale di coppa del mondo tra Italia e Francia per esempio. Appartiene a questo insieme la memoria autobiografica che contiene ricordi circa la nostra vita.
La memoria semantica invece contiene informazioni apprese al di fuori di specifici contesti, come le formule matematiche ed il lessico della nostra lingua.
In H.M. i disturbi riguardarono sia la memoria episodica sia quella semantica.
Il paziente non ricordava eventi specifici, fatti e persone conosciute dopo l'intervento per cui Brenda Miller ogni volta che lo incontrava era costretta a ripresentarsi a lui. Se gli veniva chiesto di fare qualcosa e nel frattempo qualcuno interrompeva il colloquio, a seguito della distrazione, H.M. non solo dimenticava che cosa doveva fare, ma dimenticava persino che gli era stato chiesto.
Rimase tuttavia intatta la MBT e la memoria procedurale.
Una sorprendente scoperta fu fatta analizzando il secondo tipo di memoria.
Si noto' a seguito di studio della dott.ssa Miller, che il paziente era capace di apprendere nuove abilita' senza conservare il ricordo delle sessioni di apprendimento.
Lo studio prevedeva la riproduzione di una figura o il tracciare una linea tra diverse figure guardando la propria mano riflessa nello specchio. Come si ebbe modo di appurare, la qualita' del disegno e del tracciato migliorarono di sessione in sessione senza tuttavia che l'autore del disegno (il paziente) ricordasse i giorni in cui si era 'allenato'.
Nei test di giudizi di familiarita' era in grado di riconoscere volti ripresi in fotografie sottopostegli durente le sessioni, tuttavia durante gli incontri successivi non riusciva a ricordare il momento o luogo in cui aveva visto quella gente. Questo dimostrava che i centri per la codifica e riconoscimento delle caratteristiche dei volti siti in altre zone del cervello ritenevano l'informazione. Le aree della corteccia peririnale ventrale di entrambi gli emisferi infatti non furono rimosse, per cui il paziente riteneva l'immagine del volto in memoria e lo riconosceva in seguito.
Un'altro effetto appurato da test specifici riguardava l'abilita' di disegnare la piantina della propria casa (memoria topografica). Questo era sorprendente in quanto H.M. si era trasferito qualche tempo dopo l'intervento in quella residenza. Non riusci' mai, tuttavia, a disegnare la piantina del laboratorio, con tutta probabilita', questa carenza era dovuta al fatto di non essere stato cosi' a lungo in quei luoghi come lo era stato a casa.
Le residue capacita' di memoria visuospaziale erano dunque dovute alla parziale integrita' del giro ippocampale.
In ultima analisi egli non era in grado di consolidare nuove informazioni, ma poteva benissimo ricordare gli episodi dell'infanzia, i suoi genitori e le gli episodi della sua vita fino a tre anni prima dell'operazione. Era stato colpito infatti anche da una parziale amnesia retrograda.
La sua personalita' non era stata alterata, nei test di intelligenza e nelle capacita' linguistiche si mostro' normale. Dai racconti della Corkin, che si e' occupata di lui durante la sua vita, ne viene fuori un profilo di persona normale, autocritica, a tratti divertente.
Quando la Corkin gli chiese quale strategia utilizzasse per cercare di ricordare egli ridendo rispose che non lo sapeva perche' semplicemente l'aveva dimenticata.
Era appassionato delle parole crociate, riteneva che quest'attivita' gli sarebbe stata utile per ricodare i termini.
Non riusci' mai ad imparare la strada di casa da quando si trasferi' nella nuova.
Sottostimava la sua eta'.
Quando gli venne mostrata una foto di lui accanto a sua madre, riconobbe la donna e disse che l'uomo che le era accanto assomigliava al padre, ma che non poteva essere lui perche' qull'uomo portava gli occhiali!!!!
Ha vissuto gli ultimi anni della sua vita in una casa di cura, del tutto incosapevole della sua fama e dell'immenso contributo fornito alla scienza.
Il 02 dicembre 2008 ci ha lasciati, proprio come ha fatto quel bambino che, sfrecciando sui pedali, si e' inabbissato dietro qull'orizzonte inseguendo le parole ''Daily Fresh Milk".
Il giorno stesso squilla un cellulare che attendeva quella notizia. Il possessore parte prendendo il primo aereo utile per essere presente all'esame autoptico che verra' fatto il giorno dopo.
Il primo intervento prevede le rilevazione di immagini del cervello di H.M. in situ ad una risoluzione maggiore dei soliti test convenvenzionali per ottenere delle immagini piu' dettagliate possibili. In seguito il cervello viene rimosso ed ufficialmete affidato a lui, un italiano, il dott. Jacopo Annese direttore del Brain Observatory dell'Universita' della California.
Il progetto finanziato dal National Science F0undation e dal Dana Foundation di New York, in partenza per febbraio, prevede che il cervello di H.M. venga analizzato, sezionato, catalogato e preservato e messo a disposizione di tutti gli scienziati del mondo che vorranno studiarlo. Si procedera' con una processo di fissazione e crioprotezione e successivamente sara' congelato e sezionato con un grosso microtomo, lo strumento che si usa per sezionare un tessuto, ottenendo in questo modo delle fettine sottili adatte all'esprlorazione ed analisi con un microscopio elettronico.
Il risultato finale sara' la creazione di un atlante completo del cervello di questo straordinario uomo che con la sua, forse, sfortunata vita, in modo del tutto inconsapevole ha permesso alla scienza di fare enormi passi avanti nella comprensione dei processi di memoria, apprendimento e identita'.

Fonti:

http://www.nature.com/nrn/journal/v3/n2/full/nrn726.html

http://www.corriere.it/scienze_e_tecnologie/08_dicembre_12/cervello_HM_Annese_iacopogori_38d1b1fe-c848-11dd-a869-00144f02aabc.shtml

Risonanza magnetica completa:
http://www.nature.com/nrn/journal/v3/n2/fig_tab/nrn726_F1.html



martedì 17 febbraio 2009

Gelosia. Il mostro dall'occhio verde vive dentro di noi

C'e' un mostro che vive dentro il nostro cervello - quello dall'occhio verde - appunto.
Gli scienziati hanno trovato l'area del cervello che e' responsabile della gelosia. Quest'area e' la stessa che e' deputata al controllo del dolore fisico e questo spiegherebbe perche' e' cosi' spiacevole e penosa quella sensazione percepita quando la persona amata manifesta interesse a chi e' attorno a noi, ma allo stesso tempo non siamo noi.
''E' interessante notare che questa parte del cervello e' anche associata al 'dolore' mentale'' dice il dott. Hidehiko Takahashi che ha condotto le ricerche.
''La corretta valutazione di questi sentimenti di gelosia potra' essere utile nel supporto psicologico ai pazienti in sede di consulenza.'',dice.
L'area in questione, che tra l'altro e' responsabile di quel particolare piacere che gli uomini provano nell'osservare le sfortune altrui, e' stata localizzata da un team di ricercatori giapponesi.
Nello stesso tempo in cui 19 studenti stavano parlando del loro maggiore rivale di successo, l'attivita' del loro cervello era monitorata attraverso la RMI (risonanza magnetica). Le immagini hanno mostrato, che nella maggior parte di loro, l'attivita' del lobo frontale era maggiore in special modo quando questi si sentivano gelosi dei loro 'avversari'.
Gli e' stato, inolte, chiesto di leggere una storia in cui i loro rivali invece, soffrono per le piu' disparate disgrazie tra cui e' stato compreso anche un avvelenamento.
Le immagini della risonanza hanno mostrato che le disavventure dei rivali hanno suscitato una 'reazione di ricompensa e soddisfacimento' incrementanto l'attivita' di un'area del cervello che normalmente si attiva quando riceviamo un riconoscimento sociale o un'inaspettata entrata finanziaria.
''Addesso abbiamo una migliore conprensione dei meccanismi che entrano in azione quando le persone traggono piacere dalle disgrazie altrui'', aggiunge infine il dott. Takahashi.
Fonte: Metro del 17 febbraio 2009 pag. 13

I farmaci per l'alta pressione cancellano le associazioni mnestiche spiacevoli

Le associazione mnestiche spiacevoli possono essere cancellate dai comuni farmaci che si utilizzano per tenere sotto controllo la pressione del sangue.
Gli scienziati hanno scoperto che queste associazioni possono essere alterate durante il processo di recupero e ritenzione mnestico.
Questa scoperta potrebbe essere utile per trovare una nuova strada per il trattamento di pazienti che sono rimasti traumatizzati da eventi quali attacchi terroristici e calamita' naturali.
Anche la sperimentazione sugli animali ha dimostrato che la memoria di ricordi spiacevoli puo' essere alterata da questo tipo di farmaci.
La ricerca sugli uomini e' stata condotta da un gruppo di ricercatori olandesi i quali hanno creato artificialmente delle memorie spiacevoli ai soggetti sperimetali attraverso l'associazione di figure di ragni e piccole scariche elettriche.
I volontari a cui era stato somministrato un farmaco beta bloccante non selettivo chiamato Propranodol (usato per la cura della ipertensione) sono risultati meno spaventati dalla rievocazione di queste associazioni dolorose e gli effetti sono sembrati essere permanenti.
'La scoperta potrebbe avere degli effetti considerevoli a lungo andare' dice la Prof.ssa Merel Kindt dell'Universita' di Amsterdam. 'Milioni di persone soffrono per disordini di tipo emotivo ed i disturbi ricompaiono perfino dopo un trattamento di successo' aggiunge.
Altri ricercatori invece lanciano invece un monito.
'Rimuovere questo tipo di associazioni mnestiche paurose non e' come rimuovere una verruca' dice il Dott. Daniel Sokol dell'Universita' di St. George di Londra.
'Questo intervento cambiera' la nostra personalita' poiche' chi noi siamo e' legato alle nostre memorie'
Fonte: Metro pag 18 del 16 febbraio 2009

domenica 15 febbraio 2009

Universi

Il blog ha un posto particolare nella mente di ogni blogger. E' un posto sicuro, calmo, sereno, familiare. E' la mamma per il bambino, la cameretta per l'adolescente, l'auto per il playboy, la cucina per la casalinga, l'orticello per il contadino...E' uno spazio in cui tutto e' sotto controllo.
Il tuo.
E' uno spazio aperto all'esterno, in cui mostrare la propria personalita', troppe volte nascosta dal velo di conformismo imperante che governa le nostre relazioni sociali; dove essere davvero se stessi, senza il rischio di essere accusati di apostasia per le posizioni assunte. E' un gioco in cui si rincorre se stessi, troppo spesso per la paura di essere proprio abbandonati dal Se', che non ci sta, che si ribella, che lotta per sfondare le corazze opache che ergiamo contro coloro che ci circondano, sperando di dare un'immagine di noi stessi meno stridente possibile. Un po' gioco, un po' realta', un po' forse, fantasia. Il blog e' un luogo ad atmosfera protetta. Nessuno puo' essere colpito, tutti possono emergere. E' questo lo scopo di questo universo. Un universo transazionale che non appartiene ne' completamente a noi, ne completamente al mondo esterno. E' uno spazio di mezzo, neutrale, in cui il vero Se' puo' incontrare il mondo esterno ed affrontarlo alla pari, con le stesse armi. Un po' come l'orsacchiotto nell'infanzia, che soprattutto prima di andare a letto, da piccoli, e' stato rassicurante circa l'onnipresenza della mamma, da adulti questo spazio rappresenta il tentativo di esorcizzare regresse paure e timori, mai completamente dominate e di dare sfogo con tutta forza, alla voce di quel tanto represso Se' che in ogni occasione latra disperatamente per emergere.